Mercoledì, 3 ottobre 1963

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Sabato, 3 agosto 1963

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... di Matteo Aranci

3B a.s. 2010-11   [oggi si chiamerebbe 5^ liceo classico]

Tra le frasi che con maggior frequenza mi sono sentito rivolgere durante la carriera universitaria (forse qualche volta anche dopo…) è «ah, beh, ma tu hai fatto il classico».
Un vero e proprio refrain, talvolta pronunciato dall’interlocutore con malcelata invidia – quando il
passato “classico” era ritenuto foriero di vantaggi (eh, certo, è per quello che scrivi bene) –, a volte,
invece, detto con quella velata critica di chi pensava che cinque anni a studiare greco e latino fossero
tempo sprecato (altra opinione comune che, purtroppo, dilaga e impera).
In realtà, ho fatto il classico e sono ben felice di averlo fatto, a maggior ragione dove e come l’ho fatto: a dieci anni dalla maturità me ne rendo conto con quella lucidità che solo il tempo sa regalare. E le ragioni non sono certo legate al fatto che io sappia scrivere meglio o peggio dei miei coetanei che hanno frequentato altre scuole. Del greco ricordo a malapena l’alfabeto e il minimo sindacale per far bella figura con l’etimologia di qualche strana parola italiana, con il latino va un po’ meglio – per chi studia materie giuridiche il fascino delle espressioni altisonanti è notevole –, quel che non ho perso è un tesoro ben più prezioso: l’attitudine alla riflessione, l’inclinazione all’approfondimento, la pazienza e la curiosità nello studio, competenze che si formano in quegli anni e che difficilmente si smarriscono.
Altri due elementi contribuiscono a rendere inestimabile quel tesoro: l’amicizia che mi lega ad alcuni
compagni di classe, che è sincera e viva oggi come allora (se non di più) e la stima per alcuni dei docenti che ho incontrato in quegli anni, la quale si è via via trasformata in un rapporto di personale affetto e gratitudine.
Del quinquennio passato sui banchi del Weil – rigorosamente metà in via Galvani e metà al Filandone – ho tanti ricordi. Le memorie più nitide (non solo perché più recenti) sono legate alla terza liceo, da intendersi rigorosamente come l’ultimo anno, chiamarla “quinta”, per chi ha vissuto i tempi del ginnasio, è impossibile: un anno di attese – quando escono le materie, quando si sapranno i commissari, quando tocca a me l’orale –, di scelte – dal semplice “cosa metto nella tesina” al determinante “cosa farò dopo” –, di responsabilità – gli attesissimi 18 anni e le ovvie conseguenze, le più ambite (e sfruttate) le giustifiche firmate da soli e la patente –. Soprattutto, un’ottima palestra per il futuro: agli esami di maturità ho imparato che l’adrenalina può dare ben più di quello che la stanchezza può togliere, che una preparazione solida vale sempre più della sfortuna e di qualche commissario che, nella vita, potrebbe ambire a soddisfazioni migliori che maltrattare il prossimo. 
Dal giorno in cui sono uscito dalla (torrida) stanza dove ho sostenuto l’orale della maturità, è iniziato un percorso che aveva un orizzonte chiaro – volevo fare il giudice, una vocazione risalente e per questo difficile da spiegare in modo del tutto razionale – e che, pochi mesi fa, si è felicemente concluso in occasione di un’altra prova orale (quella del concorso a magistrato). Una strada che le esperienze, le competenze, le amicizie maturate al liceo hanno reso davvero meno ardua.

[testimonianza raccolta dal prof. Chiari]

... di Giovanni Vendramin

Poco più di 50 anni fa, nell'ottobre del 1970, iniziò la mia avventura al liceo classico “Simone Weil” di Treviglio, nato pochi anni prima come sezione staccata del liceo “Paolo Sarpi” di Bergamo.
Il complesso scolastico occupava i locali di un antico palazzo di Piazza del Popolo che ospitava, oltre a noi, anche uomini e mezzi delle forze di Polizia. Le caratteristiche logistiche e strutturali del liceo, il fatto cioè che avesse sede in una zona centrale della città e all'interno di un palazzo signorile, credo abbiano contribuito in modo significativo a determinare quella sensazione di famigliarità e di intimità che provai dal primo giorno. Le classi erano miste e noi eravamo suddivisi in due sezioni: la sezione A raggruppava per lo più gli alunni residenti a Treviglio, mentre nella sezione B (la mia) confluivano in gran parte iscritti che provenivano dai paesi limitrofi.
Non so se fu un caso o una scelta, ma a mio avviso durante gli anni del ginnasio gli insegnanti migliori furono assegnati alla sezione A. Tuttavia negli anni successivi il livello medio dei nostri docenti crebbe e credo di poter dire che nel complesso la preparazione ricevuta sia stata adeguata.
Citare tutti gli insegnanti di quegli anni sarebbe impossibile, vorrei però segnalarne due: Rina Virgillito, insegnante di italiano di altissimo livello e Gigi Cortesi, docente di filosofia che ci portò anche alla maturità.
Per quanto riguarda i testi su cui studiai mi piace ricordarne due: il mitico Rocci, dizionario di greco, presenza costante di quei cinque anni, ed il bel testo di Storia dell'Arte di Giulio Carlo Argan.
Nonostante in quei primi anni Settanta il contesto politico e sociale fosse a dir poco turbolento ed il movimento di contestazione all'interno della scuola, sulla scia del ‘68, fosse particolarmente attivo, la gestione scolastica venne comunque garantita con una buona continuità. Credo che ciò sia
almeno in parte dipeso dalle dimensioni contenute e forse anche dalla particolare
collocazione del liceo, relativamente distante dai principali complessi scolastici della città.
I miei anni al “Sarpi” furono meravigliosi sotto il profilo musicale. Non credo di esagerare o di mitizzare quel periodo ma le canzoni che ascoltavo erano dei Beatles e degli Stones, di Bob Dylan e di David Bowie, dei Pink Floyd, dell'immancabile Battisti e di tanti altri grandi musicisti. Furono la colonna sonora di allora e restano una presenza indelebile anche oggi. In seconda e terza liceo partecipai a più riprese ad un cineforum (sembra preistoria!) organizzato a Treviglio dai Salesiani. Vennero proposti e discussi parecchi film di Antonioni (mi colpì Zabriskie Point) e di Buñuel.
Non mancai nessuna delle gite scolastiche che venivano puntualmente organizzate ogni anno. Ricordo in particolare le due a Parigi (per me era la prima volta) e a Firenze, rispettivamente in seconda e terza liceo.
Credo siano state momenti di crescita, culturale e come gruppo. Vorrei concludere queste brevi note ricordando l'esame di maturità che si tenne nell'estate del 1975. Tutte le prove d'esame vennero sostenute nella sede del Sarpi di Bergamo, di fronte ad una unica commissione esaminatrice. Furono giorni decisamente ansiogeni perché ci sentivamo spaesati, letteralmente “fuori-sede” e forse anche un po' cugini poveri rispetto ai nostri colleghi di Bergamo.
Alla fine andò tutto bene, a conferma del buon lavoro fatto durante i cinque anni al “Simone Weil”.

[testimonianza ricevuta tramite il prof. Chiari]

... di Silvia Stucchi

"Frequentare il "Simone Weil" (anni 1991-1996) è stata per me un'esperienza fondamentale,
non solo perché gli anni del liceo, e, in generale, della scuola secondaria di II grado, sono sempre altamente formativi per il futuro degli studenti, ma perché al liceo classico ho potuto, attraverso lo studio delle lingue e civiltà classiche, conoscere il mondo greco e latino, acquisire metodo di studio,  capacità di analisi e di pensiero critico, ho potuto mettermi alla prova, misurarmi con le difficoltà di una scuola che molto chiedeva e molto dava, e, infine, formarmi come persona.
La conoscenza dei classici però non è stata solo formativa dal punto di vista culturale e personale, ma, per me, anche determinante nella scelta del percorso universitario e professionale. Senza la frequenza al "Simone Weil" nulla degli incontri e opportunità culturali degli anni successivi avrebbe potuto avere luogo, per cui la mia riconoscenza a questo Istituto e alla sua proposta formativa ed educativa è grande; e grande, non va dimenticato, è la riconoscenza ai docenti che mi hanno accompagnato in quel quinquennio, e che si sono rivelati, in seguito, anche exempla importanti per ispirarmi, a mia volta, nel mio lavoro di docente: penso ai Proff. Rosato, in primis (come si potrebbe dimenticare l'insegnante del ginnasio, con cui passavamo 18 ore settimanali?), Marta (perché la matematica è fondamentale anche per un classicista); e poi penso ai Proff., Bussini, Dalolio, Gallo, Gipponi, Finardi, Borghi, e ai ricordi indelebili che mi hanno lasciato."

[testimonianza ricevuta tramite il prof. Chiari]

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